Premesse Epistemologiche
Nella pratica clinica e anche nelle scienze che studiano l’uomo, le varie discipline attivano uno sforzo per cercare che cosa è vero. I ricercatori, quindi, strutturano delle ipotesi e attivano dei tentativi nella pratica e nella teoria per confermarla o confutarla. In questo senso, come pure nel linguaggio comune, l’ipotesi è un’idea provvisoria il cui valore deve essere accertato. In ambito sistemico, invece, non esiste una spiegazione degli eventi intesa come verità assoluta, né possono essere tenuti presenti simultaneamente gli infiniti fattori ed elementi che attraverso circuiti di retroazione determinano gli eventi. E’ un presupposto importante, quindi, non affezionarsi troppo alle proprie ipotesi, ma utilizzarle solo come “stampelle”, che aiutano a fornire una direzione per la spiegazione. Le ipotesi, inoltre, affiancate all’idea che il sistema è in continuo mutamento, possono essere sostituite o modificate esse stesse, non ci sono verità ma solo ipotesi, o meglio ipotizzazioni.

Riferimenti Teorici
All’interno di un più ampio e articolato quadro teorico generale, pur riconoscendo la valenza di apporti quali cognitivismo, comportamentismo e costruttivismo sociale, abbiamo scelto di privilegiare la teoria sistemica della quale, di seguito, enucleiamo solo quei macro-concetti, tra loro interagenti e interconnessi, che valutiamo irrinunciabili:

  1. l’epistemologia come struttura che connette;
  2. i livelli del sapere come circuito ricorsivo-evolutivo;
  3. la creatività come elemento che genera la differenza;
  4. la curiosità come motore per il cambiamento.

1) L’epistemologia come struttura che connette
Il percorso di ricerca di Gregory Bateson muove dall’idea che l’apprendimento e l’evoluzione degli esseri viventi si conformino alle stesse leggi, e che questo dimostri l’esistenza di una struttura che connette sia tutte le creature, che le creature all’ambiente. Le parti di una singola creatura, le creature di una stessa specie e le differenti specie di creature, sono in rapporto tra loro e con l’ambiente attraverso connessioni di diverso ordine: la struttura che le connette è quindi una metastruttura ovvero una danza di strutture interagenti. Per osservare tale struttura occorre una metascienza, indivisibile e integrata il cui oggetto sia il mondo dell’evoluzione, del pensiero, dell’adattamento: la scienza della mente nel senso più ampio del termine ovvero l’epistemologia. Bateson chiude il cerchio ricordando che anche l’epistemologia è sempre e inevitabilmente personale, che l’estremità della sonda è nel cuore dell’esploratore, e che il suo conoscere è solo una piccola parte di un più ampio conoscere integrato, che tiene unita l’intera biosfera.

2) I livelli del sapere come circuito ricorsivo-evolutivo
Riprendiamo dall’ambito pedagogico, seppur parzialmente, e in particolare dal Rapporto all’Unesco della Commissione Internazionale sull’Educazione per il XXI secolo i “pilastri dell’educazione” di J. Delors.
I livelli del sapere passano attraverso la parte emotiva del cervello e la relazione. Se non si elaborano in modo riflessivo le esperienze tramite strumenti idonei come la narrazione, queste possono anche non avere alcuna incidenza su chi le ha vissute. Per chi viaggia tanto per viaggiare, tutti i Paesi sono simili e il viaggiare diventa semplicemente un modo per trascorrere dei giorni lontano dal lavoro; per chi invece viaggia per capire, per conoscere, per provare nuove emozioni nell’incontro con “culture diverse” ogni viaggio, anche piccolo, produce apprendimento e arricchimento culturale.
Li riteniamo spunti fondamentali, soprattutto nei lavori concettuali e relazionali, e significativamente connessi alla responsabilità e alla consapevolezza professionale.
Per “sapere” si intende non solo l’insieme delle conoscenze, nozioni, informazioni, sia di tipo generale sia di tipo specialistico, che si acquisiscono durante il ciclo di vita e la formazione professionale ma anche il venire in possesso degli strumenti stessi della conoscenza.
Il “saper fare” nel senso di acquisire una competenza che consenta al soggetto di affrontare una varietà di situazioni spesso imprevedibili e quindi non solo come capacità di applicare, usare, mettere in pratica il sapere già acquisito, attraverso abilità concettuali e/o manuali.
Il “saper essere” cioè quelle caratteristiche personali, psicologiche, caratteriali e socio-culturali che consentono in un dato contesto di agire con autonomia e capacità di giudizio attivando i propri talenti. L’essere è un processo dialettico che comincia con il conoscere se stessi aprendosi via via al rapporto con gli altri.
Il “sapere stare con gli altri” sviluppando la comprensione del punto di vista altrui. Uno degli strumenti necessari è il confronto con gli altri attraverso il dialogo e il dibattito
Il “saper divenire”, seppur non citato da Delors, ci sembra un’esplicitazione essenziale in quanto riteniamo possa corrispondere a flessibilità ed apertura, dimensioni queste che, mantenendo attiva la modificabilità personale promuovono auto osservazione e auto riflessività. Un saper divenire quindi, dinamico e finalizzato a “non affezionarsi” troppo a ciò che già si è, si sa e si sa fare, ma teso a incoraggiare e favorire l’introduzione ininterrotta di differenze, nuovi linguaggi e nuove applicazioni in una continua perturbazione, che impone auto-organizzazione.

3) La creatività come elemento che genera la differenza.
Creatività come motore per il cambiamento e possibilità del pensiero non lineare di introdurre differenze ed attivare processi flessibili di soluzione e/o innovazione.
Utilizzando la metafora del pittore ci sentiamo di avere approfondito la conoscenza degli strumenti tecnici (pennello, tela, colore ecc) attraverso il nostro percorso di
apprendimento; di mantenerci all’interno di una prospettiva definita dall’approccio epistemologico sistemico; di concederci la libertà di uno stile espressivo personale che ci permetta di non abbandonare la ricerca di nuovi stimoli e creare “paesaggi” diversi giocandoci nell’equilibrio tra creatività, fantasia, operatività e funzionalità.

4) La curiosità come stimolo al divenire
Un ulteriore elemento distribuito sullo sfondo di tutto il processo di lavoro è la curiosità, in senso cecchiniano, un “enzima” che riteniamo molto utile per accentuare e moltiplicare la crescita e lo sviluppo personale e professionale. La curiosità ci ha accompagnate come atteggiamento e stile comune: come interesse verso i nostri singoli progetti, i pensieri, le interpretazioni, le scelte fatte e ancor di più verso il “cosa pensa l’altro” del sentire, fare e pensare.
Rispettando i concetti sistemici di ipotizzazione, neutralità e circolarità, ci pare che anche l’elemento della curiosità sia di particolare stimolo, proprio per sviluppare il livello del saper divenire. Nel significato che noi attribuiamo a tale concetto, ritroviamo una connessione diretta all’idea del lavoro di prevenzione nel contesto psico-educativo e sociale, che pone il professionista a cavallo tra scienza e arte. E’ qui che abbiamo forse la presunzione di sentirci, a volte, più libere di poter allargare gli orizzonti, andare oltre e tendere all’esplorazione di ciò che non è prettamente classificato, già strutturato e prettamente clinico.

 

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